Noi di PAPUNTOZERO lo abbiamo detto sin dall’inizio: gli inglesismi stanno dettando il nuovo diritto amministrativo, che nella società civile si evolve secondo principi economici.
Anche se la PA non è un’azienda, e lavora per l’interesse generale e non per quello particolare, le viene chiesto il massimo rispetto del principio di ECONOMICITA’ dell’azione amministrativa. E, tra questa, anche dei vincoli alle assunzioni, si parla del 75% nella nuova legge finanziaria per il 2025.
La BUONA AMMINISTRAZIONE, che passa dalla corretta gestione delle risorse finanziarie, umane, tecnologiche, talvolta deve fare delle scelte, quando la destinazione delle spese di personale confligge con quella delle spese tecnologiche. Il PNRR va in questa direzione: innovazione e digitalizzazione non passa dalle assunzioni, ma da investimenti pubblici in tecnologia senza alcun tetto di spesa.
L’avvento dell’informatizzazione delle procedure, dagli anni Novanta ad Oggi, ce l’ha insegnato.
La digitalizzazione dopo il COVID ha accelerato il fenomeno: procedure standardizzate hanno prediletto l’informatizzazione all’assunzione della risorsa umana.
E tra poco l’intelligenza artificiale, traccerà un nuovo limite.
Quindi, la risorsa umana che fine fa? In che modo contribuisce alla creazione di valore pubblico? Ed in che modo lo fa la tecnologica?
La risorsa umana si deve specializzare nei settori in cui è richiesta la discrezionalità amministrativa; i lavori ripetitivi e che richiedono bassa discrezionalità, sono ormai appannaggio delle macchine. Capaci certo di generare valore pubblico, ma ormai un valore base che il cittadino si aspetta, ovvio, scontato.
Lo standard del valore pubblico generato dalla risorsa umana si alza.
E allora, cosa può offrire la risorsa umana se non acquisire maggiore professionalità?
I vincoli di bilancio dovrebbero riguardare solo le procedure standardizzate, dove la figura umana ha perso il suo valore, per dare libertà di scegliere figure professionali capaci di rispondere alla complessità del sistema; qui si genera la vera competitività. Per recuperare il rapporto con l’utenza, conquistandone la fiducia, fidelizzando il cittadino, che deve continuare a vedere nel pubblico il tutore dei propri diritti costituzionali.
Credo che nessun cittadino si metta in mano ad una IA. Direi che sul tema dei diritti viga la “riserva di umanità”.
La formula resta sempre la stessa: percorsi professionalizzanti all’interno della PA: formazione, formazione, formazione. Mai come ora deve essere applicata a largo raggio. Per chi è veterano della PA e per i nuovi assunti.
Le conoscenze devono essere costantemente aggiornate. Mentre spesso vengono sottostimate: se non si investe in formazione, ci ritroviamo con un parco dipendenti soggetti ai vincoli di bilancio.
La fascia dal 25 ai 45 anni è molto ricettiva, ed in diversi casi anche gli ultracinquantenni non vogliono restare indietro e dimostrano curiosità ed interesse verso il nuovo.
Sono gli utenti “interni” che la PA deve considerare ai fini dell’incremento di valore pubblico. Perchè una PA efficiente, formata, professionalizzata, non teme la “sostenibilità della spesa” e non tratta “turn over” come una mera sostituzione di personale, ma come “ingresso di nuove figure” , che si tratti di nuove assunzioni o di personale interno riqualificato: ciò che serve alla società d’oggi.
Questo articolo vuole solo essere un ragionamento e una riflessione, sulla scelta di lavorare nel pubblico e di mantenere questa scelta: a patto che il prezzo non sia troppo alto.
Proviamo a pensare che il prezzo sia anche un guadagno: mettersi in gioco, voler imparare, voler attingere dal sapere pubblico per migliorare le nostre conoscenze. La volontà di ognuno di noi di diventare un professionista della PA, per sostenere la fiducia del cittadino che crede nelle istituzione; le istituzione sono fatte di persone, di risorse umane che non accettano un ragionamento di “tetto”. Noi non siamo un tetto, ma una casa.
Voglio immaginare che nel fabbisogno del personale, che ogni dirigente delle risorse umane redige come strumento di programmazione per il triennio, rientri il piano di formazione e qualificazione del personale, ormai indispensabile per arginare i vincoli della finanza pubblica: previsioni di spesa, direi osando, senza limiti. Pensando che non sia solo una spesa, ma un investimento per il futuro.