Prima di tutto:

  1. accertarsi che la nostra attività di PEG/PIAO 2024 sia onorata, o lo sia entro il 31.12.2024. Normalmente nel software dell’Ente sono previste fasi ed attività a cui il nostro nome è abbinato, con tanto di scadenze ed indicatori di risultato. Talvolta il lavoro può essere di gruppo, talaltra spetta solo a noi. Se non abbiamo rispettato le scadenze, dovremo giustificare l’eventuale slittamento o annullamento. Certo, in questi ultimi due casi, sarebbe prudente inviare mail al dirigente motivando il non raggiungimento del risultato.
  2. Se poi abbiamo anche individuato indicatori di impatto, oltre che di risultato, dovremo preoccuparci di verificare l’impatto che la nostra attività ha avuto sui portatori d’interesse. Per esempio, se organizziamo un evento ogni anno, ci preoccuperemo di capire se il pubblico ha gradito l’evento in termini qualitativi (con questionari) oppure in termini quantitativi (maggiore affluenza). Se l’evento non è riuscito, dovrò capire il perché e modificare l’organizzazione o i tempi o i costi ecc. in occasione della prossima programmazione.

Per rifarci al quadro legislativo, ricordiamo che la valutazione della performance nelle pubbliche amministrazioni è stata oggetto di diversi interventi normativi, di cui è bene ricordare il D.lgs. 150/2009 dell’allora Ministro Renato Brunetta, che ha introdotto il criterio del merito. A cui aggiungiamo la recente direttiva dell’attuale Ministro Paolo Zangrillo, che insiste sulle valutazioni di performance individuali, al fine di evitare la distribuzione a pioggia della produttività e l’appiattimento su certe fasce di valutazione. Il Ministro punta, diciamo, ad una valutazione “olistica” del dipendente, a tutto tondo, di cui fanno parte le competenze specialistiche, quelle trasversali (soft skill), comportamentali, nonché la propensione alla formazione e all’innovazione, per arrivare addirittura alla valorizzazione dei talenti. Talenti che ciascuno di noi ha, chiamati anche propensioni o attitudini, la cui alimentazione favorisce la produttività, approdando ad una gestione delle risorse umane più inclusiva e moderna.

Lo ammetto, mi piacerebbe. Mi piacerebbe essere chiamata ad un colloquio dal dirigente del Personale, che mi chiede : <di cosa si sta occupando? Si trova bene all’interno dell’Ente? Sente valorizzata la sua professionalità? Quali sono le sue esperienze più significative?> e via dicendo.

Se si punta alla produttività non intesa soltanto come corresponsione di denaro, ma anche come percorsi di carriera professionalizzanti, sono d’accordo su tutta la linea. Da qualche parte si deve pur cominciare. La persona al centro. E’ un bello slogan, a patto che si trasformi in opportunità di crescita e di valorizzazione all’interno dei nostri enti e non resti una dichiarazione di intenti.