L'IA si sta diffondendo in ambiti sempre più vasti: dalla sanità alla finanza, dalla pubblica amministrazione all'intrattenimento. Il suo potenziale è enorme, ma porta con sé anche molte sfide, sia di natura etica che pratica. L'adozione dell'IA nei processi decisionali, ad esempio, solleva interrogativi sulla trasparenza, sulla sicurezza dei dati e sull'impatto sul mercato del lavoro.

Ci sono due visioni differenti e contrapposte sull'uso dell'IA. Da una parte, c'è una IA che si muove in un mercato con poche regole, dove il raggiungimento dei risultati "a tutti i costi" è la priorità assoluta. In questo scenario, il dio denaro sembra dominare, con aziende e governi impegnati in una corsa per diventare leader del settore, spesso trascurando le implicazioni etiche e sociali di questa corsa all'innovazione. Dall'altra parte, vi è una visione europea, che mira a rendere più omogenea la legislazione per permettere alle aziende di muoversi meglio nel mercato, garantendo al contempo uno sviluppo dell'intelligenza artificiale più etico e responsabile (e l’AI Act ne è una dimostrazione).

E poi arriviamo noi dipendenti della pubblica amministrazione, che di fronte a queste "forze superiori" siamo impauriti, sia di perdere il lavoro che sia di essere sopraffatti da questa nuova “entità”.

L'incertezza legata all'automazione e all'integrazione dell'IA nei processi amministrativi solleva dubbi e timori, che meritano una riflessione.

Quello che mi caratterizza, oltre ad essere un appassionato tecnologico, è la mia visione da inguaribile ottimista.
Ed è proprio per questo che, fidandomi della visione europea più etica, rispettosa e responsabile delle persone, non credo che l'intelligenza artificiale ci sopravanzerà, ci toglierà il lavoro e ci dominerà.

Penso piuttosto che non arriveremo così facilmente alla fantomatica AGI (Artificial General Intelligence), ovvero un'intelligenza artificiale in grado di eguagliare e superare l'intelligenza umana in ogni campo. Piuttosto, nel breve e medio periodo, avremo degli aiutanti specializzati che ci faciliteranno nel nostro lavoro. Questo perché l'IA è (rimanendo molto "terra terra"), un motore statistico che fa il "copia ed incolla" proprio come facciamo noi, solo che, avendo fagocitato tutto lo scernibile, ha una capacità anni luce superiore rispetto a noi nel farlo.

Credo che chi pensa di affidarsi completamente all'intelligenza artificiale per fargli svolgere i propri compiti, rischia di "combinare degli arrosti", se non peggio. Per esempio, alcuni studi sulla bontà e qualità dei riassunti prodotti dall'IA dimostrano che c'è ancora molta strada da fare (provate a cercare su internet la questione).

Certo, i margini di miglioramento sono sempre ampi e attualmente molti esperti stanno ottimizzando questi strumenti e non mi sento di demonizzarli. Piuttosto, ritengo sia più utile accettarli e provare a usarli in modo consapevole e critico.

Anzi, prima li utilizzeremo e prima capiremo come difenderci di fronte alle nuove tecniche che si stanno diffondendo per raggirarci (vedi anche il mio articolo).

Come pubblici dipendenti cosa possiamo fare ?

Iniziamo a lavorare sul piano triennale per l’informatica nella PA, affrontiamo seriamente quello che c’è scritto.

In particolare il capitolo 5 (Dati e Intelligenza Artificiale) dando il nostro contributo ad una IA europea (il piano afferma che “La valorizzazione del patrimonio informativo pubblico è un obiettivo strategico per la Pubblica Amministrazione per affrontare efficacemente le nuove sfide dell’economia basata sui dati (data economy), supportare gli obiettivi definiti dalla Strategia europea in materia di dati, garantire la creazione di servizi digitali a valore aggiunto per cittadini, imprese e, in generale, per tutti i portatori di interesse e fornire ai vertici decisionali strumenti data-driven da utilizzare nei processi organizzativi e/o produttivi.”)

Mettiamoci al riparo dalle nuove e raffinate tecniche di hacking che sono rese possibili dall’utilizzo delle IA migrando al Cloud (capitolo 6 – Infrastrutture) investendo sulla sicurezza informatica (capitolo 7 – Sicurezza informatica) che non deve essere vista come una operazione unicamente tecnologica, ma una grossa opportunità per gli enti di migliorare la propria resilienza e la sicurezza dei propri dati (magari non affidandoci completamente ai fornitori ma lavorandoci assieme in modo critico e supportati da esperti che conoscano e siano capaci di comprendere le necessità dell’ente).

Gli strumenti li abbiamo, dobbiamo solamente crederci.