Facciamo una riflessione. E facciamola seriamente.
La PA è destinata a cambiare, per adattarsi alla società che cambia. La transizione al digitale compirà il suo giro di boa e consentirà di accedere ai servizi pubblici on line, con notevole risparmio di tempo e di denaro, a patto che non elimini troppi posti di lavoro…
Laddove la PA può considerarsi al sicuro è nelle scelte strategiche, nel servizio alla collettività, nel creare benessere organizzativo, in tutte quelle scelte non ripetitive che cedono poco terreno agli algoritmi.
Per non soccombere, occorrono riforme strutturali e flessibilità.
Su 3,2 milioni di dipendenti pubblici in Italia, almeno la metà sono esposti alle trasformazioni che la transizione al digitale sta comportando e il 12% di questi sono ad alto rischio, a partire dalle amministrazioni centrali.
Tra i profili più esposti, proprio quelli amministrativi, con uno scampato pericolo per le funzioni di leadership. Non che tutti si possa essere leader, ma lavorare in un contesto organizzato con divisione di ruoli e responsabilità, porterebbe a scelte discrezionali al riparo dall’ingresso della IA, più propensa a svolgere funzioni routinarie e standardizzate.
Accompagnare il cambiamento, senza contrastarlo o rimanerne vittime.
Comprendere i nuovi scenari per adattarsi.
Per fortuna, al momento si tratta di tecnologie costose anche in termini di sostenibilità ambientale. Ma camminano in fretta e potrebbero diventare alla portata di tutti in un futuro non lontano.
Prepariamoci. Formiamoci. Adattiamoci.
E, a tale proposito, ricordiamo la sentenza del Cons. Stato, Sez. VI, 4 febbraio 2020, n. 881, che conferisce piena operatività dell’intelligenza artificiale, sia nell’attività discrezionale, amministrativa o tecnica, sia in quella dell’attività vincolata, a patto che vengano rispettati alcuni principi cardine, tra cui la “non esclusività della decisione algoritmica” la così detta RISERVA D’UMANITA’, espressione coniata dallo Spagnolo J. Ponce Solè (professore di legge presso l’Università di Barcellona) che rende l’idea e gode di una certa fortuna presso gli addetti ai lavori. Eh sì’, non si tratta di una riserva indiana, ma di un’analogia con la riserva di legge italiana: vale a dire che l’ultima decisione è rimessa all’uomo, cioè al pubblico dipendente nel nostro caso: potremmo romanticamente parlare di umanesimo amministrativo.
Facciamo in modo, quindi, che il significato di RISERVA resti quello di J. Ponce Solè.
Sarebbe triste assumere il significato legato alle vicende degli Indiani del Nord America.