Con questa norma, avente la natura di interpretazione autentica dell’articolo 1, comma 1091, della legge 145/2018 (che ha reintrodotto la possibilità di incentivare i dipendenti dei Comuni degli uffici Entrate addetti al recupero dell’evasione tributaria) si superano le difformi interpretazioni di alcune sezioni regionali della Corte dei Conti, tra cui quella appena citata. Che già non convinceva, e mi riferisco ad un articolo del Sole24 ore uscito poco dopo la deliberazione, che ne metteva in dubbio i presupposti. La Deliberazione, a dir poco rigorosa, limitava il concetto di MAGGIORE GETTITO al solo esercizio di competenza, escludendo i residui.
Mi sentirei di pensarla allo stesso modo della Legge Finanziaria, essendo stata Responsabile dell’Ufficio Tributi: le attività di accertamento e riscossione superano sicuramente l’arco annuale, trascinando con sé, quasi inevitabilmente, i residui degli anni pregressi: con grandi sforzi e impegno da parte degli addetti alla riscossione che, se limitati all’anno, limitano anche il gettito da recuperare. Quando si pianifica un’azione di recupero tributario, si mette in palio almeno il triennio.
Con l’interpretazione autentica si sottolinea la necessità di incentivare azioni di recupero tributario pluriennali, ricompensando il valore di tale attività che, secondo una lettura più nobile, vuole essere un metodo per informare i cittadini sui diritti e doveri in campo di fiscalità locale. Dalla mia personale esperienza, ho ricavato che il cittadino non agisce quasi mai in mala fede, la maggior parte della volte la mancata contribuzione è dovuta a ritardo, distrazione, poca trasparenza della norma fiscale.
E, a proposito di quest’ultima, sottolineo che l’accertamento tributario mette nella condizione:
- il contribuente di applicare correttamente la norma fiscale
- il comune di recuperare i tributi evasi e condannare solamente i veri evasori, proteggendo i contribuenti onesti