Il limite temporale diventa di 3 anni dall’assegnazione della facoltà assunzionali, senza alcuna possibilità di proroga. Se si supera tale termine, gli enti perderanno la possibilità di procedere con i concorsi, perdendo i fondi relativi. Inoltre viene previsto il limite massimo di 6 mesi per la conclusione della procedura concorsuale, per cui i concorsi pubblici non potranno avere una durata complessiva superiore a 180 giorni. Le assunzioni dovranno avvenire entro tre anni.
Resta la possibilità di completare le procedure aperte al 31.12.2024.
Quali sono i vantaggi?
Per le procedure aperte, di consentire la validità delle graduatorie.
Per le procedure chiuse, la proroga di quelle vigenti sino al 31 dicembre 2025.
La ratio è doppia:
- assorbimento delle risorse umane selezionate e presenti in graduatoria
- aumentare le possibilità di accesso al pubblico impiego.
La domanda sorge spontanea: chi è interessato ad accedere al pubblico impiego?
Da un’indagine statistica, che il portale InPA consente di fare, pare che la fascia più interessata ai concorsi sia quella tra i 30 e i 40 anni, vale a dire adulti provenienti dal privato oppure già dipendenti pubblici in cerca di un ente diverso in cui lavorare. Quindi, a fronte di 2 milioni di iscritti ai concorsi nel 2024, dobbiamo immaginare che non si tratti di 2 milioni di teste, potendo un dipendente partecipare a più di un concorso.
Si dice che i giovani non accettano di lavorare nella PA: "i neolaureati rifiutano i concorsi anche quando li vincono perché conoscono poco l'ambiente del lavoro statale e comunale, che è molto più dinamico di quanto si pensi” sostiene il presidente della Aran Antonio Naddeo.
In effetti i giovani laureati, magari in università prestigiose, sognano piuttosto di lavorare negli organismi europei o per l’ONU, grandi realtà dove si respira la diplomazia, si parlano le lingue, dove tutto è sfidante ed intrigante e dove, soprattutto possono mettere in campo le loro conoscenze. Il comune al di sotto dei 15.000 abitanti non offre, ahimè, tale attrattività. Mi immagino quelli più piccoli. E’ una giusta considerazione, che deriva anche dalla mia esperienza personale, avendo lavorato sia in un piccolo comune che, per i fondi Europei, in dimensioni più grandi. Viaggiando in Italia e all’estero, ho respirato quell’atmosfera internazionale a cui i giovani ambiscono: ambienti ovattati, ruoli smart, terminologia di nicchia, lingue estere parlate e scritte, facce sorridenti, insomma, molto diverso dall’ambiente di un ufficio anagrafe o di un ufficio tributi con sportello aperto al pubblico, dove le facce non sono sempre cordiali e i problemi si risolvono in tempo reale, pur respirando una grande umanità e sentendosi decisamente utili, talvolta unici ed insostituibili: questo è il lato positivo.
Gli ambienti lavorativi statali e comunali sono dinamici, dice Naddeo. Dinamici quelli comunali di sicuro, non ci si annoia, anzi, la rotazione è prassi consolidata quando un solo dipendente deve cambiare cappello e mansione nell’arco di poche ore. Praticamente ruota su se stesso. Nei comuni piccoli succede così: abbiamo 100 comuni con popolazione inferiore ai 120 abitanti.
Ma piccolo è bello, è riconoscibile, è affidabile, è individuabile.
Chi sono i dipendenti della Commissione Europea? O del Parlamento Europeo. Istituzioni lontane dal cittadino anzi, lontanissime. E la riforma del titolo V della nostra Costituzione, non ci dice di privilegiare la vicinanza al cittadino? La nostra collettività di riferimento è il comune, poi la provincia, poi la regione, poi lo stato, infine l’Europa.
Essendoci passata, consiglierei ai giovani lo stesso percorso: per comprendere i problemi del grande, occorre iniziare dal piccolo. Per fare esperienza, per vivere la democrazia di una collettività coesa intorno al suo comune.
I giovani più forti e motivati, conoscono le realtà da cui provengono e meglio interpretano le istanze dei cittadini, che si ripetono nella piccola dimensione così come nella grande: il bisogno di sicurezza, di cultura, di transizione ecologica, di mobilità sostenibile, è uguale per tutti. Viviamo in un mondo globalizzato.
Insomma, inizierei con la bicicletta, prima del motorino, prima dell’automobile. Non parliamo di velocità, ma di celerità.
Se i concorsi sono celeri, consentiranno ai nostri giovani di apprezzare il contesto pubblico, al cui interno crescere. Tre mesi passano velocemente. Vale la pena provare, anche iniziando dal piccolo.
Infine i riferimenti di legge, che sono importanti e ci aiutano a capire la stretta che il Governo ha dato, riducendo a 6 mesi (180 giorni) la procedura per l’espletamento dei concorsi.
La riforma dei Concorsi Pubblici di cui al DPR N. 82 in GU n. 150 del 29/06/2023 e il nuovo Regolamento Concorsi Pubblici (contenuto nel DPR ed entrato in vigore il 14 Luglio 2023, ovvero 15 giorni dopo la pubblicazione in GU) regolano le modalità d’accesso alla PA medianteconcorsi pubblici, che sono orientati alla massima partecipazione, da svolgere con modalità che garantiscono l’imparzialità, l’efficienza, l’efficacia e la celerità di espletamento.