A ribadire tale possibilità è la Sezione Corte dei Conti Friuli Venezia Giulia con la "non recente" delibera n. 180 del 23.12.2015, richiamata dalla "recente" deliberazione della Corte dei Conti della Regione Emilia Romagna, n. 135 dell'11.12.2024, che approva nuove Linee Guida in materia di incarichi di studio, ricerca e consulenza.
La delibera n. 180 del 2015 osserva che l'ente può "verificare se l'incarico possa essere conferito, prima che a un esterno ad un dipendente, ma al di fuori delle mansioni di servizio quali derivantigli dal profilo professionale di inquadramento".
Quali implicazioni nell'affidare un incarico ad un dipendente dell'Ente?
Per affidare incarichi a persone fisiche esterne alla PA, è infatti necessario accertarsi che non sia possibile avvalersi di professionalità interne, con idonea ricognizione presso tutti i dirigenti/servizi dell'ente, in applicazione dell'art. 7 del DLvo 165/2001.
Ne deriva che, il dipendente che intende mettere a disposizione del proprio Ente una competenza che non fa parte del suo mansionario e del suo profilo professionale, a titolo gratuito oppure a titolo oneroso, può rispondere alla ricognizione.
Facciamo un esempio: sono laureata in lingue ma lavoro ai Servizi Finanziari, sta circolando una ricognizione per la traduzione di un testo presso l'ufficio Cultura, mi propongo.
Se a titolo gratuito, la prestazione potrà avvenire durante l'orario di lavoro ed utilizzando i beni della PA, se a titolo oneroso esattamente il contrario.
Per cui, fatta la "ricognizione per verificare se l'incarico possa essere conferito prima che a un esterno ad un dipendente, ma al di fuori delle mansioni di servizio quali derivantigli dal profilo professionale di inquadramento", le condizioni per conferire un incarico al dipendente che si propone e di cui si valuta la competenza altamente qualificata per la prestazione in oggetto, sono quelle affermate dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n.10777 del 5 giugno 2020: che l'incarico debba essere svolto al di fuori dell'orario di lavoro e senza utilizzare i beni della amministrazione.
Ci sono implicazioni?
Certamente, di due ordini.
Innanzitutto il riconoscimento di una professionalità di cui la PA non aveva conoscenza e che intende valorizzare, con conseguente gratificazione del dipendente.
Secondariamente un vantaggio per l'Ente, che magari risparmia rispetto ad un professionista esterno, per non parlare del "comune sentire" riguardo ai valori pubblici sanciti dal codice di comportamento dell'Ente, fatti propri dal dipendente (ricordiamo infatti che i professionisti esterni lo devono leggere e comportarsi di conseguenza, come clausola contrattuale).
Se intravedo una possibile criticità, ma del tutto gestibile, è il doppio cappello che si indossa in tale frangente, che può avere ripercussioni sul clima organizzativo.
Come ci ricordano le Linee Guida del 11.12.2024 al punto 2.2.4, riguardo agli incarichi esterni, "il rapporto instaurato non è di tipo subordinato" con la conseguenza che la PA non potrà esercitare "un potere direttivo" non solo tramite clausola contrattuale, ma neanche de facto (e qui il controllo è più difficile) sull'incaricato.
Ma se l'incaricato è un dipendente della stessa PA, magari dello stesso Dirigente? Potrebbe derivarne un certo timore, del tutto superabile se si attivano quelle famose soft skill che ci insegnano a comunicare e a comprendere il contesto lavorativo. Avrei fiducia. D'altronde, una volta a casa, il dipendente con i suoi mezzi ed i suoi tempi, porterebbe a termine la prestazione, senza subire la soggezione del capo: ciò che conta è il risultato.
Passiamo ora al secondo tema, al concetto di indisponibilità di professionalità interne.
Sgombrato il capo dall'ipotesi appena commentata, concentriamoci sul grosso della faccenda. Vale a dire: se a seguito della ricognizione interna non si fa avanti nessuno, l'incarico per prestazione altamente qualificata è affidato all'esterno.
Vediamo normativa e giurisprudenza.
Le Linee Guida citate, al punto 2.2.2. riportano il tema dell' "Accertata impossibilità oggettiva di poter utilizzare risorse umane disponibili al proprio interno", requisito per poter accedere al mercato esterno. Quante volte vediamo arrivare ricognizioni interne rivolte a tutti i dirigenti/servizi dell'Ente, con testi minimalisti del tipo: "per motivate esigenze eccezionali, sia di tipo quantitativo che qualitativo, afferenti progetti specifici (requisito della prestazione) si chiede se esistano nell'ente figure professionali con determinate caratteristiche" proseguendo poi con lo specificare che "se nessuno risponde entro tot giorni, si ricorre ad incarico esterno".
Le conosciamo tutti. E conosciamo anche le risposte: alcuni dirigenti non rispondono (silenzio non affermativo), altri ammettono di non avere alcuna figura con le caratteristiche richieste, oppure che la figura c'è ma non è al momento disponibile. Se esiste, ma non è disponibile, basta dire che la figura non è disponibile?
Le Linee Guida richiamano la Giurisprudenza corrente, sottolineando come la "non disponibilità non possa riferirsi ai carichi di lavoro, ma debba riferirsi ad un'effettiva assenza della persona in pianta organica " (il che può avvenire perchè si è trasferita e non c'è più, oppure perchè non è stata assunta, oppure perchè non è prevista in pianta organica) oppure si può citare la non possibilità dimostrando "con un'esaustiva motivazione, anche con richiami di atti e determinazioni, l'effettiva impossibilità di utilizzo del personale dipendente" (Corte dei Conti, Sezione Veneto, delibera n. 114/2019). Insomma, non si può parlare di indisponibilità ma di impossibilità.
Significa che la ricognizione deve essere svolta "compiutamente e con sicuro e dimostrabile esito negativo" quando si scrive che il soggetto in questione è oberato dai carichi di lavoro: la giurisprudenza contabile chiede una circostanziata risposta.
Ricordiamocelo quando prepariamo le ricognizioni interne per i dirigenti: dettagliando come sopra forniremo loro un elemento di chiarezza a favore della legittimità della procedura.